
Che senso ha la mia vita? È la domanda che mi hai fatto, dando voce
così all’inquietudine più profonda del Tuo cuore. È una domanda importante e
sono contento che Tu me l’abbia fatta, perché questo vuol dire che sei una
persona che si mette in gioco nel cercare la verità e che nel tuo intimo credi
alla dignità della vita che ci è stata donata. È vero che non tutti sembrano
farsi questa domanda, anche se sono convinto che in ciascuno essa sia presente
come un tarlo nascosto, un desiderio incancellabile, che resta tale anche
quando non è espresso. Se mi chiedi il perché di questa mia convinzione non esito a
risponderti che interrogarci sul senso di ciò che scegliamo e facciamo ci aiuta
a essere più ricchi di umanità, motivati e aperti alla felicità, di cui abbiamo
bisogno come dell’aria che respiriamo. Dare senso alla vita è consentire alla
nostra anima di respirare, e il respiro dell’anima è ciò che ci fa vivere
veramente. Il senso della vita non è insomma qualcosa d’irrilevante: chi pensa
di farne a meno, si accorgerà presto che i suoi atti sono come frammenti senza
comunicazione fra loro, e la somma dei suoi giorni gli apparirà prima o poi
come un peso faticoso a portarsi.
Quando invece ti svegli al mattino e hai uno scopo per vivere, tutto
risulta diverso e perfino la fatica del quotidiano diventa sostenibile o
addirittura bella e degna di essere affrontata. Se poi rifletti su questo
scopo, ti accorgerai facilmente che esso non è mai semplicemente qualcosa: non
si può vivere unicamente per l’avere, il piacere o il potere. Anche se
attraenti, il fascino delle cose, l’uso gratificante e il dominio di esse
passano presto, lasciando una percezione di vuoto nell’anima. A dare senso alla
vita non è mai solo qualcosa, è piuttosto qualcuno. Un antico proverbio lo dice
in maniera incisiva: “Si può vivere senza sapere perché, ma non si può vivere
senza sapere per chi!”.
È per questo che il senso della vita si trova unicamente nell’amore:
chi ama, ha qualcuno per cui vivere, lottare e sperare, ha un motivo
sufficiente per affrontare e offrire sacrifici, uno scopo che dà gioia al cuore
per il solo fatto di esserci. Chi ama, va incontro alla fatica dei giorni con
una ragione di vita e di speranza più forte del prezzo da pagare, del sudore e
delle lacrime da versare. L’amore è la gioia della vita e un’esistenza senza amore
è semplicemente triste e vuota. Se ami qualcuno, e se il tuo amore è
ricambiato, la tua gioia può toccare momenti intensissimi, di cui neanche le
prove più grandi riescono a cancellare l’attesa e il ricordo. Per la stessa
ragione, l’amore non amato, quello cioè cui non è dato di essere ricambiato
nella reciprocità delle coscienze, può dare sì senso alla vita, ma fa conoscere
anche il dolore più profondo e porta a volte ad attraversare le tenebre più
fitte. Soprattutto, l’amore non perdona alla morte, non si arrende
all’annullarsi della possibilità della visibile presenza dell’amato e sente la
fine inesorabile, legata all’ultimo silenzio, come intollerabile ferita,
insopportabile limite. È proprio sulla soglia della fragilità e della caducità
di ogni amore umano, anche del più grande, che il nostro cuore percepisce il
bisogno di un orizzonte ulteriore, che sia custodia all’amore e lo salvi con
vincoli d’eternità. Il senso della vita non può fermarsi a ciò che è mortale e
penultimo, per quanto forte sia il legame che ad esso ci unisce: la vita ha
senso se la meta e la patria per cui si vive, si soffre e si ama, ha la
misteriosa potenza di vincere la morte, di dare alla nostalgia del cuore
inquieto un approdo di eternità. È qui che nella ricerca del senso due amori si
toccano: quello alla scena del mondo che passa, e quello a Colui che è in
persona l’amore più forte della morte, origine, grembo e patria di ogni vero
amore. La ricerca del senso sfocia così, con naturale continuità, nella ricerca
di Dio e del Suo volto, nel desiderio e nella nostalgia del Totalmente Altro,
che garantisca la vittoria ultima dell’amore sulla morte, della vita sul nulla.
Sui sentieri della ricerca del senso da dare alle opere e ai giorni, come luce
del cuore e forza del cammino, si passa inevitabilmente dalle cose alle persone
da amare, e da queste all’inizio e alla sorgente di ogni amore, meta e destino
di ogni vincolo d’amore che dia sapore alla vita. Ai cercatori del significato,
che renda degna e bella l’esistenza, anche a quelli che hanno conosciuto la
delusione di approdi troppo corti e troppo brevi, cercatori del senso perduto,
l’incontro con l’amore personale di Dio, mistero del mondo, si offre come
libertà donata: libertà dalla paura e dal dolore del non senso; dono non meritato
né prodotto dalle nostre mani, offerta di gratuità che viene a noi, ci
sorprende e illumina tutti gli spazi dell’anima a condizione di aprire la porta
del nostro cuore.
Sono illuminanti le parole di John Henry Newman, appassionato
cercatore della verità, cui è stato dato di approdare al porto tanto
desiderato. È il 1833 e, sulla nave che lo porta dalla Sicilia a Napoli nel suo
primo viaggio in Italia, la nebbia che scorge gli appare come un’immagine della
condizione umana, figura di chi nella scarsa visibilità dell’orizzonte cerca un
senso alla vita: “Guidami Tu, Luce gentile, attraverso il buio che mi circonda,
guidami Tu! La notte è oscura e sono lontano da casa, guidami Tu! Sostieni i
miei piedi vacillanti: io non chiedo di vedere l’orizzonte lontano, un solo
passo è sufficiente per me. Non sempre fu così, né io pregavo affinché Tu mi
guidassi. Amavo scegliere e scrutare il mio cammino; ma ora sii Tu a guidarmi!
Amavo il giorno abbagliante, e malgrado la paura il mio cuore era schiavo
dell’orgoglio; non ricordare gli anni passati. Così a lungo la tua forza mi ha
benedetto, e certo mi guiderà ancora, oltre brughiere e paludi, oltre rupi e
torrenti, finché sia passata la notte; e con l’apparire del mattino mi
sorrideranno quei volti angelici, che da tanto ho amato e che rischiavo di aver
perduto”.
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