Ferdinand Lassalle, il geniale creatore del movimento operaio tedesco, scriveva al padre, dopo le elezioni in Prussia nel 1849:
«La situazione politica qui è tanto ridicola quanto interessante. Cretini da tutte le parti».
Sembra l’Italia di oggi.
La prima cosa che mi viene in mente riflettendo sulla questione politica è che si tratta di un sistema "distorto e inefficace".
Direi più una "IDIOCRAZIA" che una vera democrazia. La nostra politica si basa sulla RAPPRESENTANZA e non sulla COMPETENZA...questo è il vero problema!
Il meccanismo naturale è questo: "se io sostengo questa tesi, in quanti voti elettorali si potrà tradurre?".
Un sistema assolutamente demagogico e finalizzato non ai reali bisogni e interessi del paese, ma del proprio successo personale.
La democrazia non pone alcun limite a questa istintiva tendenza degli uomini politici e dei partiti che li rappresentano.
Mentre la
società consumistica traduce tutto in corrispondente valore di denaro, i
politici all'interno di essa traducono ogni pensiero e azione in possibili
voti.
Il risultato è che (per Costituzione) si creano molti fronti, chiamati poi ad
una fusione innaturale in prossimità delle elezioni, quando si coagulano
forzatamente in due fronti opposti, che poi si tradurranno in
"governo" ed "opposizione".
Come può funzionare bene un sistema nel quale l'unico obiettivo
dell'opposizione è solamente quello di denigrare qualsiasi decisione
governativa per sperare di catturare più voti e vincere le elezioni successive?
Ipotizziamo che (per pura combinazione!) salga al governo una coalizione
veramente capace, che in qualche anno riesca obiettivamente a dare un forte impulso
al paese, risolva molti problemi, ecc. ecc.
Pensate che l'opposizione ne riconoscerebbe i valori?
Pensate che, considerando l'ottimo lavoro svolto, le forze dell'opposizione
potrebbero appoggiare la coalizione governativa per un'altra legislazione?
Vi rendete conto di quanto è impraticabile un atteggiamento di questo tipo
nello schema del nostro sistema politico?
Il nostro sistema parlamentare porta ad un ruolo distorto delle due parti
contrapposte, come quello dei nostri tribunali, che mettono due opposte fazioni
a recitare la parte dell'inquisitore e del difensore.
E' ovvio che ognuno dei due vorrà vincere lo scontro (prescindendo dalla reale
innocenza o colpevolezza) e userà qualsiasi mezzo pur di riuscirci.
Questo sistema uccide il principio cooperativo, che invece dovrebbe
privilegiare nell'interesse superiore del paese.
Il risultato è che l'elettorato ne resta frastornato e disorientato, finendo
inevitabilmente per allontanarsi dalla politica. La frase più diffusa da noi è:
"tanto non cambia niente, tutti uguali".
Se il cittadino ascolta gli esponenti governativi gli sembra che abbiano
operato al meglio, così come se dà ascolto all'opposizione si convince che il
governo è composto da incompetenti, ladri, bugiardi e via dicendo, che stanno
mandando in malora il paese.
Lo scontro danneggia parimenti entrambe le fazioni e le leggi che vengono
prodotte saranno dei compromessi tra due o più idee opposte (idee opposte per
"partito preso", non per convincimento razionale).
Il nostro
sistema politico, poi, con due camere chiamate a valutare le stesse leggi,
porta inevitabilmente le fazioni opposte a scontrarsi e boicottarsi e a
inconcepibili lungaggini.
E per giunta il nostro sistema mediatico di diffusione dell'informazione è
distorto dalla consapevolezza che "solo una brutta notizia fa
notizia", per cui anche un governo che agisca bene passa inosservato!
Le problematiche e le scelte cui è chiamata la gestione governativa sono tante
e molto complesse, coinvolgendo strati sociali differenti, spesso con interessi
opposti, economie nazionali che devono confrontarsi con tutto il resto del
mondo, eredità tragiche del territorio devastato da precedenti politiche
scellerate, esigenze di sviluppo e realizzazione di grandi opere, sistemi
scolastici, salute pubblica, rapporti diplomatici e conflitti con paesi esteri,
importantissime questioni etiche e morali, diritti di categorie da proteggere,
evasione fiscale, sicurezza, insofferenze razziali, ecc. ecc.
Senza tirare in ballo il vostro particolare problema delle interferenze
religiose e del mondo della finanza, dei sindacati e delle lobbies, che pur ci
sono e che si fanno sentire pesantemente, condizionando e compromettendo
ulteriormente le possibilità decisionali sui problemi sociali ed economici.
Pensiamo solamente a cosa succederebbe se un nuovo governo accogliesse l'idea
che i trasporti di merci sarebbe molto meglio se viaggiassero su rotaia anziché
su autostrade, intasando l'intero paese e intralciando milioni di altri
lavoratori.
Se ciò venisse proposto sarebbe il blocco dei trasporti per scioperi di tutti
gli autotrasportatori, no? Quindi mossa impopolare e disastrosa, che non si può
fare.
Un bombardamento di problemi, uno scenario di guerra, a mio avviso. E dentro
questo scenario cosa fanno le forze politiche?
Qual è il loro maggiore impegno? Sparare a zero sull'avversario!
Altro che risolvere i problemi del paese! Mi meraviglio sempre quando sento
che, malgrado tutto questo, qualcosa viene pur fatto, che qualche legge (pur
sempre zoppicante o tortuosa) riesce a passare, che qualche grande opera di
ammodernamento viene avviata (magari per cadere poi alla legislatura
successiva, che non ne vede l'utilità di proseguimento).
Avete presente quante "cattedrali nel deserto" ci sono nel nostro
paese?
Questi sono i risultati.
E i cittadini?
Beh sono a
loro volta strumentalizzati dalle forze d'opposizione contro qualsiasi
iniziativa che possa anche minimamente comportare dei sacrifici diretti o
indiretti per loro.
È
molto facile produrre scontento, rabbia e volontà di lotta, quando un progetto
presenta una strada che deve passare proprio vicino a casa vostra, o una
discarica nel vostro comune, o una nuova tassa contro la vostra categoria, e
via dicendo.
Fare leva sull'egoismo è prassi di politica quotidiana e serve solamente a
bloccare i programmi o le necessità improrogabili.
La nostra forma sociale è chiamata ogni giorno a scegliere tra sacrifici in
nome del progresso, sacrifici in nome della qualità dell'ambiente, sacrifici in
nome di una maggiore equità di distribuzione dei beni o dei diritti.
Sempre sacrifici e mai vantaggi!
Pensiamo a come un ambiente ideale andrebbe inteso, ovvero: privo di asfalti,
cementi, binari, fabbriche, case, aeroporti, ecc. ecc.
Ma ci andrebbe bene?
O ci sarebbe una rivoluzione, se un governo decidesse di garantire solamente la
qualità ambientale?
Il cittadino da parte sua vorrebbe il massimo dei diritti senza piegarsi a
nessun dovere, il ché è istintivo, ma impossibile e ingiusto. Stando a queste
distorsioni come si può pensare di governare ed essere applauditi anche quando
si lavorasse al meglio?
Come dicevo, il problema vero è la corsa al potere, che innesca il principio di
intolleranza, disfattismo e ostruzionismo verso l'operato del governo in
carica, in vista di vantaggi per le successive elezioni.
Questo meccanismo in alcuni paesi non si presenta in toni così gravi come da
noi. Negli Stati Uniti, per esempio, una volta eletto il nuovo presidente i due
schieramenti politici concorrono pacificamente (o quasi) alla gestione politica
del paese, sostenendo il più possibile il presidente incaricato (ma con gli
occhi bene aperti a detronizzarlo in caso di gravi inadempienze, il ché mi
sembra giusto).
In Italia non esiste il sistema presidenziale e forse non abbiamo ancora un
sufficiente senso democratico e collaborativo per scegliere questo sistema
politico.
Allo stesso tempo abbiamo ancora il ricordo del fascismo e delle nefaste
conseguenze.
Ma allo stato attuale la forma presidenziale resta a mio avviso la migliore
auspicabile.
Ma allora,
secondo queste visioni, non c'è modo di governare un paese o è la forma democratica
ad essere sbagliata?
Non ho detto che una popolazione non sia comunque governabile e non voglio
ripetere la storica frase di Churchill sulla democrazia, ma voglio invece
sostenere che la politica non dovrebbe basarsi sui nostri sistemi sbagliati e
primitivi, ma cercare razionalmente altre formule più adatte alla complessa
gestione dei temi economici e sociali e che la democrazia è troppo vincolata
alle elezioni ed agli interessi/ambizioni personali.
Prima di tutto non diffondiamo e non educhiamo a sufficienza i cittadini al
concetto di "interesse comune" e così non li prepariamo ad accettare
l'idea che nella società si debbano anche fare dei sacrifici o tenere nel
cassetto certi desideri non sempre soddisfabili.
Anzi, si fa di tutto per sollevare il maggior numero possibile di desideri,
spacciandoli per "bisogni irrinunciabili", tramite gli spot
pubblicitari e fasulli modelli di stile di vita.
Modelli assolutamente non raggiungibili dalla maggior parte dei cittadini!
(modelli anche pietosi, a dire il vero, visto che i più desiderati sono le
carriere come velina per le ragazze, o come calciatore per i maschi!).
I temi che attualmente devolviamo alla gestione politica sono di due tipi:
questioni etico-sociali e questioni a forte componente economica.
Un politico qualsiasi può alternativamente ricoprire incarichi governativi di
un tipo o dell'altro.
Così spesso abbiamo a che fare con persone assolutamente incompetenti e
dominate spesso da poteri esterni, come quello esercitato a suon di anatemi dal
Vaticano.
A questa critica si risponde che il politico deve essere, per definizione,
estraneo alla conoscenza tecnica dettagliata dei fatti di cui discute.
Questo perché abbiamo già sperimentato governi cosiddetti tecnici e ne abbiamo
riscontrato i limiti e i danni ed anche perché al servizio dei nostri politici
ci possono comunque essere tecnici competenti, che forniscano loro tutti i dati
di cui abbisognano.
Se così fosse, allora, il politico sarebbe semplicemente il portavoce di uno
stuolo di anonimi consiglieri tecnici, che sfuggono al giudizio del grande
pubblico, non essendo coinvolti in prima persona dai suggerimenti che
forniscono.
Berlusconi ha rappresentato sicuramente un'eccezione fastidiosa e imbarazzante
per i "veri" politici, governando il paese come fosse una sua
azienda.
Ma veniamo alla differenza tra democrazia diretta e indiretta.
Mi sembra di poter escludere che il cittadino sappia occuparsi
professionalmente e prendere decisioni valide su delicate e complicate
questioni politiche.
Per questo motivo la delega al politico è indispensabile, anche se su alcune
scelte di tipo sociale sarebbe sempre doveroso ricorrere al referendum
popolare.
Ma non mi spingerei oltre, visto che poi i referendum sono facilmente elusi da
leggi successive.
In una vera democrazia non ci dovrebbe essere, ad esempio, una legge che
imponga l'obbligo alla vita e che neghi totalmente l'eutanasia o ponga limiti
al testamento biologico.
Un referendum in questo caso servirebbe solo a far prevalere un'ideologia o il
suo contrario.
Infatti questa legge potrebbe essere accettata solo da cittadini credenti e osservanti
della loro religione.
Ma se molti cittadini non si sentissero l'obbligo di rispettare alcun dictat religioso,
perché mai dovrebbero essere sottoposti alle stesse restrizioni?
È
democrazia anche quella che tradisce il desiderio del 50% dei suoi cittadini?
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