27 luglio 2025

Meloni, Trump e il fragile equilibrio dell’Europa

Dopo aver letto l’articolo del Time su Giorgia Meloni, ho provato un misto di curiosità e rispetto. Non capita spesso che l’Italia si trovi al centro della diplomazia globale, a giocare un ruolo di ponte tra due mondi così influenti come gli Stati Uniti e l’Unione Europea. E vedere Giorgia Meloni muoversi con sicurezza tra questi equilibri così delicati mi ha fatto riflettere sul significato della leadership in un’epoca di trasformazioni profonde.

Giorgia Meloni non è una figura convenzionale, e questo lo sapevamo già. Ma è proprio la sua atipicità a renderla interessante, capace di scardinare le logiche stanche e spesso autoreferenziali della politica europea. In un momento in cui molti leader si limitano a galleggiare nei compromessi, lei sceglie di esporsi, di rischiare, di prendere posizione. Anche quando queste posizioni possono risultare scomode, anche quando il suo interlocutore si chiama Donald Trump.

Il rapporto tra Meloni e Trump non va letto come una semplice simpatia ideologica. È qualcosa di più complesso, di più strategico. Trump è stato, ed è di nuovo, un attore chiave nello scenario mondiale, e avere un filo diretto con lui rappresenta per l’Italia un’occasione rara. Meloni, in questo, si è dimostrata abile nel costruire ponti, mantenendo saldo il legame con l’Occidente senza spezzare il delicato tessuto europeo.

Ciò che ho apprezzato di più è la sua capacità di tenere insieme, con equilibrio, due appartenenze apparentemente in tensione: da un lato, la fedeltà storica dell’Italia agli Stati Uniti, che da sempre rappresentano un punto di riferimento per la nostra sicurezza e la nostra economia; dall’altro, l’impegno per la stabilità e la cooperazione europea. Meloni non cede a schieramenti ideologici rigidi: preferisce il pragmatismo, la diplomazia concreta, fatta di gesti misurati ma decisi.

Nella sua posizione, il rischio di sbagliare è altissimo. Eppure, anche nelle situazioni più spinose, come la questione dei dazi o le tensioni su immigrazione e difesa, ha mostrato di saper mediare, proporre soluzioni, rilanciare il dialogo. Lo ha fatto anche con coraggio, evitando il populismo fine a sé stesso e scegliendo invece il linguaggio della responsabilità. E per una leader che proviene da un contesto politico spesso sottovalutato o mal interpretato, questo è un segnale forte.

Non è un mistero che su certi temi, come i diritti civili, l’identità culturale o l’immigrazione, Meloni mantenga posizioni nette. E se da cittadino posso avere opinioni diverse su alcuni punti, da osservatore non posso che riconoscere la coerenza con cui li porta avanti. In un tempo in cui molti politici si nascondono dietro le parole, lei sceglie invece di dirle con chiarezza. E questo, nel bene e nel male, crea un rapporto diretto con le persone.

Certo, sarà fondamentale che la sua leadership continui a muoversi su binari istituzionali, europei, democratici. Ma finora, e lo dico con onestà, Meloni ha dimostrato di saper tenere questa rotta. Ha difeso l’Ucraina, ha mantenuto l’Italia dentro i percorsi europei, ha cercato un ruolo attivo e costruttivo anche nei confronti di Trump e della nuova amministrazione americana. Non da subalterna, ma da interlocutrice autonoma.

In un’epoca in cui il centro politico sembra sfilacciarsi, Giorgia Meloni rappresenta una sintesi nuova: identitaria ma dialogante, conservatrice ma pragmatica, nazionale ma con uno sguardo aperto sul mondo. E forse è proprio questo che molti, in Europa e negli Stati Uniti, cominciano a riconoscere in lei.

Non so dove porterà questo percorso. Ma oggi, da cittadino italiano, posso dire che sento che l’Italia ha finalmente una voce riconoscibile nel mondo. Una voce che parla con fermezza, ma anche con intelligenza. E in tempi così complessi, questa non è una conquista da poco.


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