Dopo aver letto l’intervista sul TIME ampia e dettagliata su Giorgia Meloni, ha significato per me molto più che ripercorrere le tappe di una carriera politica. È stato un viaggio nella trasformazione del nostro tempo, nella storia recente dell’Italia e nelle pieghe di un cambiamento che, piaccia o no, ha rimesso il nostro Paese al centro della scena internazionale. E lo ha fatto attraverso la figura inaspettata, ma oggi determinante, di una donna che ha saputo affrontare il destino senza chiedere sconti.
Giorgia Meloni non
viene dalle élite, non ha avuto un percorso accademico brillante, non è
cresciuta nelle stanze ovattate del potere. È una donna che ha conosciuto la
difficoltà, che ha attraversato le ferite della vita sin dall’infanzia e che,
con tenacia rara, ha scelto di trasformare la rabbia in proposta, l’esclusione
in partecipazione, la marginalità in leadership. E non si tratta solo di una
narrazione eroica, ma di una realtà documentata, che emerge con forza tra le
righe dell’intervista. È la storia di una persona che ha saputo costruire
qualcosa da zero, e che oggi guida l’Italia con fermezza, determinazione e,
soprattutto, con piena consapevolezza del proprio ruolo.
La sua domanda,
posta alla fine dell’intervista con il TIME, “C’è qualcosa del fascismo che la
mia esperienza le ricorda, di quello che faccio al governo?”, mi ha colpito profondamente. Non solo per il
contenuto, ma per la lucidità e il coraggio con cui viene pronunciata. Meloni
non elude il passato, ma lo affronta. Sa che il tema è delicato, che c’è chi
vorrebbe usarlo come un’arma contro di lei in ogni circostanza. Ma sa anche che
l’Italia ha bisogno di andare oltre le letture meccaniche della storia, senza
negare nulla, ma neppure restando prigioniera di etichette preconfezionate. E
in questo senso, il suo percorso è davvero nuovo: non rimuove, non rinnega, ma
propone un’alternativa che è fatta di identità, di radici, ma anche di
apertura, realismo e dialogo.
Mi ha sempre colpito
la sua capacità di unire elementi apparentemente opposti: patriottismo e
pragmatismo, fermezza e moderazione, conservatorismo e adattamento al mondo
globale. Da premier, Meloni ha spesso stupito anche i suoi più ostinati
critici. Ha mantenuto saldo il legame dell’Italia con l’Europa e con la NATO,
ha sostenuto l’Ucraina con determinazione, ha rafforzato le relazioni con gli
Stati Uniti e ha assunto un ruolo guida nel Mediterraneo, riaffermando
l’interesse nazionale ma senza cedere a derive isolate o anti-europee.
La sua vicinanza a
Donald Trump, descritta nell’articolo, viene spesso letta con sospetto da una
certa opinione pubblica. Io la interpreto invece come una scelta strategica e
consapevole. Meloni conosce la complessità del mondo di oggi e sa che avere
canali di dialogo forti con entrambe le sponde dell’Atlantico è fondamentale
per la sicurezza, l’economia e la credibilità dell’Italia. In un’epoca in cui
le alleanze si ridefiniscono rapidamente, Meloni ha saputo giocare il suo ruolo
da protagonista. Non da gregaria, ma da leader autonoma, autorevole,
rispettata.
Persino sul piano
economico, spesso trascurato dai suoi predecessori, sta lavorando per dare
solidità a un Paese che troppo a lungo è stato considerato fragile. Il
miglioramento del rating del debito, la stabilizzazione del quadro politico, la
centralità conquistata nei dossier europei ed energetici sono frutto non solo
della fortuna, ma della capacità di visione e di determinazione. Giorgia Meloni
ha dimostrato di saper gestire la complessità senza smarrire il senso
dell’equilibrio, e senza cedere a quegli estremismi che spesso le vengono
imputati ma che, nella realtà dei fatti, ha saputo contenere, canalizzare,
trasformare.
Eppure, ciò che più
mi colpisce in lei non è solo la politica, ma l’umanità. Una donna che si
prende cura di una figlia, che viene da una storia familiare difficile, che non
ha mai fatto mistero delle sue fragilità e che ha trasformato quelle ferite in
forza. Una donna che ha saputo parlare a chi non si sentiva rappresentato da
nessuno, che ha restituito voce a un’Italia spesso ignorata, ma profondamente
viva.
Non sto dicendo che
tutto ciò che fa sia perfetto, né che non si possano avere opinioni diverse. Ma
riconosco in Giorgia Meloni qualcosa che nella politica italiana mancava da tempo:
la coerenza. Il coraggio. E una visione. Sa di non poter piacere a tutti, e non
lo pretende. Ma sa anche che il suo compito non è solo quello di governare, ma
di dare un senso al nostro tempo, una direzione, una spinta verso l’alto.
In un momento storico
in cui il centro si frantuma e gli estremi spesso urlano senza costruire,
Meloni sceglie la strada più difficile: quella del dialogo tra identità e
istituzioni, tra nazione e alleanze, tra passato e futuro. E forse proprio per
questo oggi l’Italia è di nuovo ascoltata, considerata, rilevante. Forse
proprio per questo, da Palazzo Chigi, quella voce femminile che cammina tra
corridoi di marmo è riuscita a farsi sentire lontano, oltre le nostre
frontiere, oltre le vecchie categorie, oltre gli schemi abituali.
Per tutto questo,
oggi, mi sento di dire grazie. Non solo a una leader, ma a una donna che ha
scelto di metterci la faccia, la vita, l’anima. Con determinazione. Con
intelligenza. Con cuore italiano.


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