22 luglio 2025

Il dovere di fermare chi lucra sulla speranza

Ci sono notizie che non passano inosservate. L’annuncio del Regno Unito sul primo regime sanzionatorio globale contro il traffico di esseri umani è una di quelle notizie che mi spinge a scrivere non da osservatore esterno, ma da cittadino che sente, che ha visto, che ha ascoltato troppe storie spezzate sui marciapiedi delle nostre città e sulle coste del nostro Mediterraneo.

Sono fermamente a favore di questa scelta. Finalmente, qualcuno ha avuto il coraggio di guardare in faccia il cuore marcio del problema e di chiamarlo con il suo nome: crimine. Perché di questo si tratta. Non di flussi, né di fenomeni “complessi” da gestire con diplomazia sterile o parole ambigue. Stiamo parlando di reti criminali internazionali che sfruttano, ingannano, umiliano e spesso condannano a morte persone disperate. Ed è ora che vengano trattate come meritano.

Congelare i beni, vietare l’ingresso nel Paese, impedire qualsiasi legame con il sistema economico britannico: sono misure giuste, proporzionate, necessarie. Perché se è vero che non si possono salvare tutte le vite solo con la repressione, è anche vero che non si può restare passivi mentre bande criminali organizzano attraversamenti in gommoni fatiscenti e vendono illusioni a caro prezzo. Ogni euro pagato ai trafficanti è un mattone in più nel muro del disumano. E dietro quel denaro, ci sono sempre le stesse facce: uomini armati, mercanti di morte, profittatori della miseria.

Chiunque abbia visto le immagini dei cadaveri galleggianti nel Mediterraneo o ascoltato le testimonianze di chi è sopravvissuto a torture nei centri di detenzione libici, non può non sentire dentro sé un bisogno urgente di giustizia. Non basta commuoversi. Bisogna agire. E questo regime sanzionatorio britannico è un primo segnale forte: basta tolleranza verso chi lucra sulla speranza altrui.

Certo, so bene che da solo non basterà. Lo so, perché dietro la migrazione irregolare c’è un intero mondo di disuguaglianze, guerre, fallimenti politici, sogni infranti. Ma ogni lungo cammino comincia da un passo, e questo è un passo nella giusta direzione. È una dichiarazione netta: non ci sarà più complicità economica o istituzionale con chi si arricchisce facendo attraversare clandestinamente confini, spezzando famiglie, cancellando identità.

Questa iniziativa manda anche un messaggio importante ai cosiddetti “facilitatori”: aziende, finanzieri, organizzazioni ambigue che, fino a ieri, potevano operare indisturbate nell’ombra, vendendo motori per gommoni o riciclando denaro con circuiti alternativi. Ora anche loro avranno un prezzo da pagare. E io dico: era ora.

Lo dico senza alcuna retorica, ma con la convinzione profonda che ci siano momenti in cui bisogna scegliere da che parte stare. Io sto dalla parte dei diritti umani, non della loro caricatura. Sto dalla parte di chi non accetta più che il cinismo travesta la crudeltà con la maschera dell’efficienza. Sto dalla parte di chi crede che la libertà e la dignità debbano essere protette anche con strumenti forti, quando servono.

Sento spesso dire che queste misure rischiano di penalizzare i migranti. Ma è vero il contrario: non colpire i trafficanti significa lasciarli agire impuniti. Vuol dire accettare che il viaggio della speranza resti monopolio della criminalità organizzata. Vuol dire voltarsi dall’altra parte mentre altri si arricchiscono vendendo morte.

Mi auguro che altri governi europei – e non solo – seguano l’esempio. Che si crei una rete sanzionatoria internazionale, capace di bloccare i flussi finanziari e logistici che alimentano questa macchina dell’orrore. E allo stesso tempo, mi auguro che si aprano canali umani, legali e sicuri per chi cerca una nuova vita. Repressione e protezione devono camminare insieme. Non esiste giustizia se non protegge i più fragili, e non esiste protezione vera senza giustizia contro chi li sfrutta.

Questo nuovo regime sanzionatorio è un passo storico. È una promessa concreta. È una battaglia che va combattuta con determinazione. Perché difendere la vita significa anche questo: impedire che venga venduta al miglior offerente. 

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