19 luglio 2025

Una giustizia più giusta: l’Italia rialza la testa

"L’Italia merita una giustizia più giusta: lavoriamo per mettere fine alle storture. Siamo di parola e lo faremo." 
— Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio

Non è solo una dichiarazione d’intenti. Nelle parole pronunciate da Giorgia Meloni durante l’intervento alla Federazione dei magistrati onorari di tribunale, si coglie il segnale di una svolta politica e morale che riguarda il cuore stesso dello Stato di diritto: la giustizia. E quando un capo di governo pronuncia parole come “fine alle storture” in materia giudiziaria, non si può fare a meno di accogliere con favore – e con attenzione – la portata di un tale impegno.

Da troppo tempo il sistema giudiziario italiano soffre di una cronica inadeguatezza: processi infiniti, sentenze che arrivano a distanza di decenni, un garantismo a fasi alterne, incertezza normativa, confusione tra poteri e, sul piano umano, intere categorie dimenticate o sacrificate per inerzia. Tra queste, proprio i magistrati onorari: professionisti che reggono sulle proprie spalle migliaia di procedimenti ogni anno, ma che per anni hanno vissuto in un limbo, trattati come temporanei, marginali, quando invece sono strutturalmente indispensabili.

La riforma dell’ordinamento che li riguarda – finalmente approvata – rappresenta non solo un atto tecnico, ma un gesto politico e civile di rilevante portata. È la correzione di una stortura. È riconoscere che la giustizia non si fa solo nei tribunali di Roma o Milano, ma anche nei piccoli uffici di provincia, grazie a donne e uomini che spesso lavorano con compensi ridicoli e tutele inesistenti. In un Paese che troppo spesso ha dato prova di dimenticare i suoi servitori silenziosi, questo passo avanti non può che essere salutato con favore.

Ma Meloni non si è fermata qui. Ha rilanciato su un obiettivo ancora più ambizioso: una riforma complessiva della giustizia. Parole pesanti, che richiedono visione, determinazione e la capacità di resistere a pressioni interne ed esterne. Eppure, è proprio questo il nodo cruciale. La giustizia italiana ha bisogno di essere ripensata, alleggerita da una burocrazia paralizzante, semplificata, resa più umana. Ha bisogno di essere restituita ai cittadini, che troppo spesso la percepiscono come distante, ostile, lenta.

In un clima mediatico e culturale dove la giustizia è sempre più terreno di scontro ideologico – tra garantismo e giustizialismo, tra politicizzazione della magistratura e delegittimazione del potere giudiziario – parlare di "giustizia più giusta" è rischioso, ma necessario. Significa rivendicare una visione che rimetta al centro non solo la macchina della legge, ma la persona. E in questo, la coerenza è fondamentale.

Meloni ha detto: "Siamo di parola e lo faremo." Ed è proprio questa la cifra su cui si giocherà la credibilità dell’intero progetto. Perché la giustizia, più ancora che l’economia o la sicurezza, è ciò che segna il grado di civiltà di un Paese. È la misura della fiducia dei cittadini nelle istituzioni. È la prima forma di rispetto che uno Stato può – o non può – garantire ai suoi cittadini.

Da giornalista e da cittadino, non posso che riconoscere l’urgenza e la correttezza di queste parole. E non si tratta di condividere ogni posizione del governo attuale, ma di dare atto che su questo fronte l’Italia aveva bisogno di un cambio di passo netto, concreto, non più rimandabile. Se davvero si riuscirà ad avviare una stagione nuova per la giustizia italiana, sarà una conquista di tutti. Perché una giustizia giusta non è né di destra né di sinistra: è semplicemente la condizione minima per vivere in una società libera, responsabile e umana.

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