Contro la volgarità travestita da successo
Credo non ci sia cosa più coatta, più cafona e più squallida di chi
pensa che mostrare banconote, in stile Scarface di periferia, equivalga a
dimostrare successo, potere o talento. Non è grandezza, non è arte, non è
nemmeno provocazione intelligente: è semplicemente la versione moderna del
becero “guardate quanto sono figo” detto al bar davanti a un grappino scadente.
È la miseria mascherata da lusso, l’ignoranza esibita come status symbol. E sì,
caro Tony Effe, sei tu l’incarnazione perfetta di questo nulla. Non sono un fan
di Fedez, non mi è particolarmente simpatico, ma almeno lui, con pregi e
difetti, un cervello lo ha. Ha un programma, intervista personaggi di politica,
giornalisti, sportivi, artisti, persino ex malavitosi: insomma, qualcosa da dire
ce l’ha, e soprattutto dà voce anche ad altri. Non sarà un genio, ma almeno
dimostra di avere interesse per la realtà. Tu invece, cosa rappresenti? Solo
fumo tossico, arroganza da quattro soldi e un vuoto pneumatico che cerchi di
riempire con pacchi di banconote sventolati come un ragazzino che gioca a fare
il gangster.
Artisticamente sei il nulla, un deserto di
contenuti. E come se non bastasse sei maleducato, privo di valori, incapace di
distinguere i limiti tra la provocazione e la vera offesa. Ti sei persino
permesso di tirare in mezzo i figli degli altri, roba che nemmeno nei peggiori
bar di Caracas si sentiva più. I figli degli altri non si toccano, non si
nominano nemmeno. E tu invece hai avuto la brillante idea di offendere un
bambino che non c’entra niente. Ti rendi conto della bassezza? E pensa che stai
pure per diventare padre: complimenti, davvero. L’esempio lo stai già dando: un
padre che costruisce la sua immagine sul disprezzo gratuito e sull’insulto
squallido. “Lucia ti do un consiglio: la vita è corta. Devi stare tranquillo.
Non assomigli a tuo figlio. L’hai chiamato Leone, ma sei un coniglio.” Questa
frase ti qualifica meglio di mille interviste. Sei tu il coniglio, Tony. Perché
solo un vigliacco se la prende con chi non può difendersi.
Nella foto almeno una cosa giusta l’hai
fatta: ti sei messo il ciuccio in bocca. Finalmente un gesto coerente. Perché
ti atteggi a gangster, a ribelle maledetto, a fenomeno, ma a 34 anni puzzi
ancora di latte. Sei la caricatura mal riuscita di ciò che vorresti essere.
Scarface nella tua versione fa ridere, non fa paura. Il problema è che tu
questa maschera da duro te la sei tatuata addosso, e ci credi pure. Ma dietro
quel ghigno da bulletto di periferia c’è solo il vuoto. Vuoto nei testi, vuoto
nei valori, vuoto nella visione del mondo.
E il peggio è che ti permetti pure di
lanciare messaggi ai ragazzini che ti seguono, messaggi che puzzano di
violenza, di droga, di mancanza totale di rispetto verso le donne. Ma lo
capisci o no che sei un disastro educativo? Lo capisci che quelle ragazzine e
quei ragazzini che ti idolatrano si stanno bevendo il veleno che versi nelle
tue canzoni? Non sei un artista, sei un sintomo. Il sintomo di una società che
ha smesso di distinguere tra talento e rumore, tra ribellione e degrado. E tu
sei il testimonial perfetto di questa decadenza: ogni strofa che canti è un
insulto al buon senso, ogni gesto che fai è un messaggio tossico che circola
libero sui social.
Ma stai tranquillo, la pacchia finirà. Perché
i ragazzini che oggi ti seguono non resteranno tali per sempre. Cresceranno,
capiranno, si accorgeranno che quella che tu spaccia come trasgressione è solo
spazzatura ben confezionata. E quando apriranno gli occhi, ti lasceranno
indietro, come si lascia indietro un giocattolo rotto. Non ti illudere, Tony:
la tua parabola ha già un orizzonte. Oggi ti esaltano per il linguaggio sporco
e la posa da gangster, domani ti guarderanno con imbarazzo, e rideranno di
quella maschera che non avrai più la forza di sostenere. A 50 anni non potrai più
fare il finto gangster con il ciuccio in bocca. A 50 anni dovrai cambiare
spartito, e allora sì, sarà davvero “Game Over”.
Perché la verità è che sei destinato a
rimanere una parentesi trash, un’icona di degrado che verrà ricordata solo come
esempio di cosa non fare, di cosa non essere, di quanto in basso si può
scendere pur di strappare un applauso vuoto. Ti piace mostrarti con i soldi in
mano? Bene, goditela. Ma ricordati che la vera ricchezza non è quella che conti
in banconote, ma quella che lasci in chi ti ascolta. E tu, caro Tony, lasci
solo macerie.
Vergognati. Vergognati di tutti i messaggi sbagliati che hai lanciato e che continui a lanciare. Vergognati di aver ridotto la musica a rumore tossico, vergognati di aver trasformato il palco in un ring di offese gratuite, vergognati di aver reso la volgarità un marchio. Sei un uomo di 34 anni che ancora gioca a fare il bambino ribelle. Un uomo che confonde la libertà con l’insulto, l’arte con il finto gangsterismo da videoclip. Ti illudi di essere temuto, ma in realtà fai solo pena. Non sei un ribelle, sei un burattino. Un burattino che balla al ritmo degli algoritmi, dei click, delle visualizzazioni. E quando l’algoritmo deciderà che sei vecchio, che sei noioso, che sei superato, ti butterà via senza rimorsi. E sarà allora che capirai cosa significa davvero essere inutile.


0 comments:
Posta un commento