Perché le parole della Elly non meritano più fiducia e perché il popolo non dimentica le incapacità già dimostrate.
Ho letto con attenzione, più volte, le dichiarazioni della Elly. Quelle
frasi pronunciate con la certezza di chi pensa di avere già scritto il futuro: “Le
condizioni materiali degli italiani le trasformiamo in proposte: salario
minimo, legge contro il part-time forzato, congedo paritario, sanità pubblica
che loro smantellano. Tra due anni andremo al Governo per ridare speranza al
paese.” Le ho rilette perché a una prima occhiata sembravano le
solite promesse, i soliti slogan di repertorio, ma più ci tornavo sopra e più
sentivo montare in me una rabbia profonda, un disgusto che non riesco a
trattenere. Perché non sono parole innocue: sono la dimostrazione di quanto la
politica sia ormai ridotta a un teatro di illusioni, recitato da attori
mediocri che si illudono di convincere il pubblico solo con qualche frase di
effetto.
E invece no, non funziona più così. Perché
noi non siamo più disposti a farci prendere in giro. Non siamo più disposti ad
accettare come “novità” ciò che in realtà è solo riciclo di vecchie promesse
già tradite. Salario minimo, part-time forzato, congedo paritario, sanità
pubblica: tutte parole che negli ultimi vent’anni sono state pronunciate decine
di volte, da leader diversi, da governi diversi, sempre con la stessa
solennità, sempre con la stessa convinzione di poter riscrivere il destino del
paese. E ogni volta la stessa fine: nulla. Solo chiacchiere, solo fumo, solo
delusioni. E il paradosso è che oggi queste parole vengono rilanciate proprio
da chi ha già avuto il potere, da chi ha già avuto la possibilità concreta di
cambiare le cose, da chi ha già dimostrato non solo di non essere capace, ma di
non avere nemmeno la volontà di farlo.
Perché questo è il punto centrale: già
avete dimostrato le vostre incapacità. Non serve che voi ritorniate nei luoghi
dei disastri. Non c’è bisogno di una seconda occasione per chi
la prima l’ha sprecata in modo così clamoroso. Non c’è bisogno di nuove
promesse da chi ha già avuto la fiducia e l’ha tradita. Non c’è bisogno di
ascoltare di nuovo chi ha preferito i compromessi di palazzo alla vita reale
della gente.
Il salario minimo? Ricordo perfettamente le
occasioni in cui sarebbe stato possibile approvarlo. Ricordo i dibattiti, i
numeri, le maggioranze favorevoli. Ricordo anche la retromarcia, i rinvii, i
tavoli tecnici, le scuse. Oggi la Elly ce lo ripropone come se fosse una
scoperta, come se fosse la bandiera di una rivoluzione imminente. Ma la realtà
è che quando avete avuto la possibilità, avete scelto di non fare nulla. Avete
lasciato milioni di lavoratori con stipendi da fame, con contratti da
sfruttamento, con la certezza di non avere futuro. Oggi venite a raccontarci
che “tra due anni” diventerà la vostra priorità? È un insulto, non una
promessa.
La legge contro il part-time forzato. Una
battaglia sacrosanta, certo. Ma dov’eravate quando le lavoratrici vi
denunciavano, quando i sindacati vi portavano numeri e casi, quando il
precariato femminile cresceva senza freni? Eravate lì, a parlare di altro. A
organizzare convegni. A riempirvi la bocca di parità e inclusione mentre
migliaia di donne accettavano lavori a metà, stipendi a metà, dignità a metà.
Oggi vi ricordate del problema perché fa comodo alla vostra narrazione. È
un’altra presa in giro.
Il congedo paritario. Qui il paradosso è
enorme. Parlate di congedo come se fosse la bacchetta magica per la parità,
quando in Italia la natalità è crollata, quando migliaia di giovani non possono
nemmeno permettersi di mettere su casa, quando il lavoro precario e malpagato
impedisce qualsiasi progetto di vita stabile. Di che congedo parliamo, se prima
non si crea la possibilità reale di costruire una famiglia? È ipocrisia allo
stato puro. È parlare di diritti che non si applicano a nessuno, perché nessuno
può permettersi di usarli.
E la sanità pubblica. Qui non basta la
rabbia, serve la memoria. Avete governato anni in cui la sanità veniva
tagliata, ospedali chiusi, posti letto cancellati. Avete visto le regioni
trasformare la salute in un business, e non avete mosso un dito. Durante la
pandemia le crepe sono diventate voragini, e anche lì avete preferito slogan e
conferenze stampa a riforme vere. Oggi vi svegliate e vi accorgete che la
sanità è sotto attacco. Vi accorgete che bisogna difenderla. Ma chi l’ha
smantellata, se non voi insieme a chi ora fingete di combattere?
Tutto questo sarebbe già abbastanza per
archiviare le vostre parole come ennesima sceneggiata. Ma la parte più
offensiva arriva alla fine, quando la Elly, con un sorriso che sa di arroganza
più che di fiducia, dichiara: “Tra due anni andremo al Governo per
ridare speranza al paese.” Questa frase mi ha gelato. Non solo
perché è presuntuosa, ma perché tradisce l’illusione infantile che il futuro
sia già scritto, che il popolo sia già pronto a restituire fiducia a chi l’ha
deluso. È qui che nasce la mia rabbia più profonda. Perché questo significa
trattarci da stupidi, da smemorati, da marionette.
Illusa, Elly. Illusa davvero. Tra
due anni non andrete al Governo, tra due anni sarai tu stessa a essere cacciata
dal partito. Perché la storia del tuo partito lo dimostra: chi
illude troppo finisce per essere scaricato. È accaduto a Renzi, l’uomo del
“cambiare verso”, oggi ridotto a macchietta. È accaduto a Zingaretti, che
doveva “superare le correnti”, ed è stato travolto dalle stesse correnti. È
accaduto a Letta, che parlava di “campo largo” e si è ritrovato con un deserto.
E accadrà anche a te. Non perché io lo auguri, ma perché è la logica stessa
della vostra politica: bruciare leader su leader, illusione su illusione, senza
mai costruire nulla.
E allora mi domando: con quale faccia venite
ancora a chiedere fiducia? Con quale coraggio parlate di “speranza”? La
speranza è stata tradita troppe volte da voi. È stata calpestata,
ridicolizzata, usata come moneta di scambio. Voi non portate speranza, portate
solo la certezza di un nuovo fallimento.
Il problema non è la tua gioventù, la tua
inesperienza, il tuo linguaggio inclusivo. Il problema è la sostanza: non avete
il coraggio di rompere con i poteri che vi tengono in vita. Non avete il
coraggio di sfidare davvero le logiche che hanno distrutto il paese. Non avete
il coraggio di decidere. Governare non è annunciare, non è fare comizi, non è
sorridere alle telecamere. Governare significa scegliere, assumersi
responsabilità, deludere qualcuno per salvare molti. E voi non lo sapete fare.
E allora basta. Basta illusioni, basta
slogan, basta frasi fatte. La gente non dimentica. Io non dimentico. E non
basteranno due anni, né dieci, a cancellare la verità: avete già dimostrato le
vostre incapacità, non serve che torniate nei luoghi del disastro. Li avete già
devastati una volta, la seconda volta sarebbe ancora peggio.
Perché, vedi Elly, la politica vera non è
annunciare quello che “faremo tra due anni”. La politica vera è dimostrare cosa
fai oggi. E oggi voi non fate nulla.


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