18 agosto 2025

L’inganno delle illusioni

 Perché le parole della Elly non meritano più fiducia e perché il popolo non dimentica le incapacità già dimostrate.


Ho letto con attenzione, più volte, le dichiarazioni della Elly. Quelle frasi pronunciate con la certezza di chi pensa di avere già scritto il futuro: “Le condizioni materiali degli italiani le trasformiamo in proposte: salario minimo, legge contro il part-time forzato, congedo paritario, sanità pubblica che loro smantellano. Tra due anni andremo al Governo per ridare speranza al paese.” Le ho rilette perché a una prima occhiata sembravano le solite promesse, i soliti slogan di repertorio, ma più ci tornavo sopra e più sentivo montare in me una rabbia profonda, un disgusto che non riesco a trattenere. Perché non sono parole innocue: sono la dimostrazione di quanto la politica sia ormai ridotta a un teatro di illusioni, recitato da attori mediocri che si illudono di convincere il pubblico solo con qualche frase di effetto.

E invece no, non funziona più così. Perché noi non siamo più disposti a farci prendere in giro. Non siamo più disposti ad accettare come “novità” ciò che in realtà è solo riciclo di vecchie promesse già tradite. Salario minimo, part-time forzato, congedo paritario, sanità pubblica: tutte parole che negli ultimi vent’anni sono state pronunciate decine di volte, da leader diversi, da governi diversi, sempre con la stessa solennità, sempre con la stessa convinzione di poter riscrivere il destino del paese. E ogni volta la stessa fine: nulla. Solo chiacchiere, solo fumo, solo delusioni. E il paradosso è che oggi queste parole vengono rilanciate proprio da chi ha già avuto il potere, da chi ha già avuto la possibilità concreta di cambiare le cose, da chi ha già dimostrato non solo di non essere capace, ma di non avere nemmeno la volontà di farlo.

Perché questo è il punto centrale: già avete dimostrato le vostre incapacità. Non serve che voi ritorniate nei luoghi dei disastri. Non c’è bisogno di una seconda occasione per chi la prima l’ha sprecata in modo così clamoroso. Non c’è bisogno di nuove promesse da chi ha già avuto la fiducia e l’ha tradita. Non c’è bisogno di ascoltare di nuovo chi ha preferito i compromessi di palazzo alla vita reale della gente.

Il salario minimo? Ricordo perfettamente le occasioni in cui sarebbe stato possibile approvarlo. Ricordo i dibattiti, i numeri, le maggioranze favorevoli. Ricordo anche la retromarcia, i rinvii, i tavoli tecnici, le scuse. Oggi la Elly ce lo ripropone come se fosse una scoperta, come se fosse la bandiera di una rivoluzione imminente. Ma la realtà è che quando avete avuto la possibilità, avete scelto di non fare nulla. Avete lasciato milioni di lavoratori con stipendi da fame, con contratti da sfruttamento, con la certezza di non avere futuro. Oggi venite a raccontarci che “tra due anni” diventerà la vostra priorità? È un insulto, non una promessa.

La legge contro il part-time forzato. Una battaglia sacrosanta, certo. Ma dov’eravate quando le lavoratrici vi denunciavano, quando i sindacati vi portavano numeri e casi, quando il precariato femminile cresceva senza freni? Eravate lì, a parlare di altro. A organizzare convegni. A riempirvi la bocca di parità e inclusione mentre migliaia di donne accettavano lavori a metà, stipendi a metà, dignità a metà. Oggi vi ricordate del problema perché fa comodo alla vostra narrazione. È un’altra presa in giro.

Il congedo paritario. Qui il paradosso è enorme. Parlate di congedo come se fosse la bacchetta magica per la parità, quando in Italia la natalità è crollata, quando migliaia di giovani non possono nemmeno permettersi di mettere su casa, quando il lavoro precario e malpagato impedisce qualsiasi progetto di vita stabile. Di che congedo parliamo, se prima non si crea la possibilità reale di costruire una famiglia? È ipocrisia allo stato puro. È parlare di diritti che non si applicano a nessuno, perché nessuno può permettersi di usarli.

E la sanità pubblica. Qui non basta la rabbia, serve la memoria. Avete governato anni in cui la sanità veniva tagliata, ospedali chiusi, posti letto cancellati. Avete visto le regioni trasformare la salute in un business, e non avete mosso un dito. Durante la pandemia le crepe sono diventate voragini, e anche lì avete preferito slogan e conferenze stampa a riforme vere. Oggi vi svegliate e vi accorgete che la sanità è sotto attacco. Vi accorgete che bisogna difenderla. Ma chi l’ha smantellata, se non voi insieme a chi ora fingete di combattere?

Tutto questo sarebbe già abbastanza per archiviare le vostre parole come ennesima sceneggiata. Ma la parte più offensiva arriva alla fine, quando la Elly, con un sorriso che sa di arroganza più che di fiducia, dichiara: “Tra due anni andremo al Governo per ridare speranza al paese.” Questa frase mi ha gelato. Non solo perché è presuntuosa, ma perché tradisce l’illusione infantile che il futuro sia già scritto, che il popolo sia già pronto a restituire fiducia a chi l’ha deluso. È qui che nasce la mia rabbia più profonda. Perché questo significa trattarci da stupidi, da smemorati, da marionette.

Illusa, Elly. Illusa davvero. Tra due anni non andrete al Governo, tra due anni sarai tu stessa a essere cacciata dal partito. Perché la storia del tuo partito lo dimostra: chi illude troppo finisce per essere scaricato. È accaduto a Renzi, l’uomo del “cambiare verso”, oggi ridotto a macchietta. È accaduto a Zingaretti, che doveva “superare le correnti”, ed è stato travolto dalle stesse correnti. È accaduto a Letta, che parlava di “campo largo” e si è ritrovato con un deserto. E accadrà anche a te. Non perché io lo auguri, ma perché è la logica stessa della vostra politica: bruciare leader su leader, illusione su illusione, senza mai costruire nulla.

E allora mi domando: con quale faccia venite ancora a chiedere fiducia? Con quale coraggio parlate di “speranza”? La speranza è stata tradita troppe volte da voi. È stata calpestata, ridicolizzata, usata come moneta di scambio. Voi non portate speranza, portate solo la certezza di un nuovo fallimento.

Il problema non è la tua gioventù, la tua inesperienza, il tuo linguaggio inclusivo. Il problema è la sostanza: non avete il coraggio di rompere con i poteri che vi tengono in vita. Non avete il coraggio di sfidare davvero le logiche che hanno distrutto il paese. Non avete il coraggio di decidere. Governare non è annunciare, non è fare comizi, non è sorridere alle telecamere. Governare significa scegliere, assumersi responsabilità, deludere qualcuno per salvare molti. E voi non lo sapete fare.

E allora basta. Basta illusioni, basta slogan, basta frasi fatte. La gente non dimentica. Io non dimentico. E non basteranno due anni, né dieci, a cancellare la verità: avete già dimostrato le vostre incapacità, non serve che torniate nei luoghi del disastro. Li avete già devastati una volta, la seconda volta sarebbe ancora peggio.

Perché, vedi Elly, la politica vera non è annunciare quello che “faremo tra due anni”. La politica vera è dimostrare cosa fai oggi. E oggi voi non fate nulla.

 






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