Così la sinistra trasforma occupazioni, abusi e immigrazione clandestina in
battaglie politiche.
C’è un dato culturale,
prima ancora che politico, che ormai appare evidente: la sinistra italiana ha
sviluppato una strana attrazione per tutto ciò che ruota attorno alla
violazione della legge. Dove c’è un abuso, un’irregolarità, un reato, invece di
respingerlo con fermezza, tende a trasformarlo in una bandiera da sventolare. È
accaduto con le occupazioni abusive delle case, con i centri sociali rimasti
aperti per decenni a spese dei contribuenti e fuori da qualsiasi regola, e
accade puntualmente con le navi delle ONG che ignorano le disposizioni delle
autorità competenti. In tutti questi casi, l’atteggiamento della sinistra è
stato lo stesso: difendere chi trasgredisce, come se la legge fosse un ostacolo
e non un riferimento comune. È una sorta di riflesso automatico, una reazione
quasi istintiva. Perché? Forse perché conviene trasformare l’illegalità in
campagna elettorale.
Il
punto, però, è che dietro a questa dinamica si nasconde un progetto ben più
concreto: l’immigrazione. La sensazione diffusa, e ormai difficilmente
smentibile, è che la sinistra punti a favorire l’arrivo del maggior numero
possibile di immigrati irregolari in Italia. Non è solo una percezione, ma una
sequenza di atti concreti: ogni volta che viene proposta una misura di
contenimento, scatta subito l’opposizione. La magistratura, spesso in sintonia
con quel mondo, si attiva per fermare qualsiasi tentativo di invertire la
rotta: dall’accordo con l’Albania, che dovrebbe servire a dare un segnale
chiaro prima dell’ingresso in Europa, alla regolamentazione delle navi, fino
alla gestione dei centri di accoglienza. Tutto viene ostacolato, tutto viene
rimesso in discussione.
Eppure,
i numeri e i fatti parlano chiaro. Dopo quindici anni di politiche permissive,
il risultato è un disastro: l’immigrazione clandestina è cresciuta senza
controllo, si è intrecciata con la criminalità e ha prodotto episodi di cronaca
sempre più gravi e aberranti. Sono storie che indignano l’opinione pubblica e
che mostrano quanto il fenomeno sia ormai fuori gestione. E come se non
bastasse, in alcuni ambienti si arriva persino a negare l’evidenza: ci si
spinge a chiedere che la parola “straniero” venga eliminata davanti a termini
come “stupratore”. È accaduto persino di fronte all’ennesimo caso drammatico,
quello della donna violentata da un immigrato proveniente dal Gambia.
La
domanda, allora, è inevitabile: fino a quando si potrà far finta di non vedere?
Per quanto tempo ancora la sinistra continuerà a difendere l’indifendibile, a
trasformare le emergenze in propaganda e a sacrificare la sicurezza dei
cittadini sull’altare del consenso ideologico? La realtà, sotto gli occhi di
tutti, è un Paese che ha perso il controllo dei flussi, che si sente più
insicuro e che chiede soluzioni concrete. Ma mentre l’Italia vive le
conseguenze, una parte della politica sembra preferire la narrazione alla
realtà, le battaglie ideologiche alla responsabilità di governare.


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