Davanti alle violenze
avvenute recentemente in Val di Susa, alle aggressioni alle Forze dell’Ordine,
alle scene che nulla hanno a che vedere con il diritto al dissenso, ciò che più
mi colpisce non è solo la brutalità dei fatti – già grave in sé – ma il silenzio ostinato e colpevole
della sinistra italiana
(disagio morale, prima ancora che politico), di quella che si definisce
progressista, democratica, europeista. Di quella che si raccoglie sotto
l’etichetta sempre più vuota del “campo largo”.
Dove
sono Elly Schlein e Giuseppe Conte?
Dove sono le parole
chiare, nette, in grado di distinguere tra protesta e violenza?
Dove sono le condanne senza “ma” e senza “se”?
Non
ci sono. Non si sentono. Non parlano.
E
questo silenzio non è neutrale: è complice.
È un silenzio che puzza
di calcolo, di strategia elettorale, di paura di perdere i consensi delle
frange più radicali che da anni agiscono sotto la bandiera dell’ambientalismo e
dell’anticapitalismo. È un silenzio che non ha il coraggio della responsabilità
politica, ma si nasconde dietro l’ambiguità, l’inerzia e l’autoassoluzione.
Io
questo non lo accetto. E non lo dimentico.
La sinistra italiana,
oggi, non riesce più nemmeno a dire l’ovvio. Non riesce a dire che lanciare
pietre, incendiare mezzi, ferire poliziotti, sabotare cantieri non è
“protesta”: è violenza,
punto. E chi resta zitto, chi si gira dall’altra parte, chi
borbotta con parole vaghe su “modelli di sviluppo alternativi” senza mai
prendere posizione, si sta assumendo una responsabilità pesante. Sta
contribuendo ad alimentare una cultura della tolleranza verso l’intimidazione e
il disordine, solo perché arriva dalla parte “giusta”.
È
questa la sinistra che dovremmo sostenere? Una sinistra che si indigna per i
manganelli contro gli studenti ma tace quando si colpiscono gli agenti? Una
sinistra che si autodefinisce “democratica” e poi non ha il coraggio nemmeno di dire che la violenza è
inaccettabile sempre,
da chiunque provenga?
Elly
Schlein ha avuto tempo e modo per parlare. Ha avuto gli spazi e le occasioni.
Ma ha scelto il silenzio. Conte, da parte sua, è un campione di ambiguità:
condanna “la violenza” in astratto, ma sempre con tono indulgente, sempre con
quel retrogusto giustificazionista che serve solo a tenere buoni i voti degli
ex grillini rimasti intrappolati nel mito della lotta perenne contro il
sistema.
E allora lo dico
chiaramente: il campo largo, così com’è, non è
un progetto politico. È un contenitore fragile di viltà, silenzi, convenienze.
Un’alleanza senza spina dorsale, senza coraggio, senza una visione vera
dell’Italia. Perché chi non ha il coraggio di condannare la violenza solo
perché ha paura di perdere il voto del centri sociali, dei comitati, degli
attivisti più urlanti, non può governare un Paese.
Non
mi basta che Schlein parli di diritti, di giustizia sociale, di uguaglianze.
Tutte cose nobili, ma che si svuotano se non si ha il coraggio della coerenza.
Non mi basta che Conte si presenti come il garante della Costituzione se poi sta zitto davanti a chi la
calpesta con le molotov e i petardi.
Non
ci sono ambiguità ammissibili quando c’è qualcuno che attacca lo Stato con la
violenza. Non si può restare in silenzio in nome della pluralità. Il silenzio, in politica, è una
scelta. E oggi è una scelta codarda.
Personalmente, non
appartengo a Fratelli d’Italia ma almeno in questa occasione hanno avuto il
coraggio di dire ciò che la sinistra non osa dire: che chi aggredisce, devasta e ferisce deve essere
punito. Che le Forze dell’Ordine meritano rispetto, non silenzio.
Il
paradosso è che questa sinistra, quella del campo largo, non riesce nemmeno più a
difendere i principi su cui dovrebbe essere nata: la non
violenza, la legalità, la difesa dei diritti dentro le regole democratiche. La
protesta è sacra, sì. Ma non esiste protesta legittima che passi attraverso
l’odio, l’aggressione, la strategia del terrore. E chi oggi non condanna questi
atti non è ambiguo: è connivente.
Questo non è un attacco
ideologico. È una presa di coscienza. Ed è una delusione amara.
Da cittadino che ha creduto in certi valori, oggi mi ritrovo orfano di una sinistra vera.
Una sinistra che abbia il coraggio di essere scomoda anche per sé stessa. Di
condannare chi sbaglia anche se indossa una bandiera amica. Di mettere la
democrazia prima del consenso.
Ma
oggi, quella sinistra non c’è. C’è solo un campo largo che resta muto.
E quando si tace davanti alla violenza, si diventa
parte del problema.












